Siamo nuovamente dentro una situazione di chiusura, forse un po’ meno pesante della prima ( non voglio usare il termine inglese, la nostra bella lingua può esprimere tutto e non vedo ragione per piegarmi alla “colonizzazione” linguistica che tanto piace a tutti i nostri politici), ma sempre difficile da sopportare. Dobbiamo farlo e i mugugni di qualche “governatore” ( in realtà dovrebbero chiamarsi “presidenti”, ma anche qui l’esempio americano risulta fuorviante) non mi sembrano ragionevoli, motivati come sono solo da calcoli elettorali. Così stamattina vorrei segnalarvi l’opportuna uscita di un libro di cui riprodurrò la copertina, intitolato Pandemia (sottotitolo Apprendere per prevenire), appena uscito per Progedit, autori Nicola Paparella, Pierpaolo Limone, Gilda Cinnella. Non sono un pedagogista e non mi metterò a discutere il saggio ampio e interessante di Paparella ( mio illustre collega nell’Università del Salento) sulla criteriologia dell’azione e dei comportamenti per fronteggiare una nuova pandemia, ma vorrei sottolineare, da un punto di vista di cittadino italiano, i contributi di Pierpaolo Limone (anch’egli pedagogista e ora Rettore dell’Università di Foggia) e di Gilda Cinnella (docente di Anestesia e rianimazione nell’Università di Foggia). Limone avvia una acuta riflessione sull’apprendimento trasformativo che è “legittimo attendersi dal generale coinvolgimento” dovuto all’epidemia da Covid-19, mentre Gilda Cinnella, sapientemente intervistata da Paparella, dice cose assai interessanti sui ritardi con cui tutto il mondo globalizzato ha reagito al Covid e avanza sollecitanti osservazioni sull’importanza di una migliore comunicazione, capace di giungere agli italiani, per motivarli a non sottovalutare il rischio del contagio e per costruire, negli ospedali, una organizzazione a rete di tipo stellare ( e non solo gerarchica) per affrontare il problema strettamente medico in modo più efficace. Illuminante la postfazione di Nicola Paparella con una serie di suggerimenti che invitano tutti alla ragionevolezza, alla prudenza, a non cedere alla facile illusione di un vaccino efficace che, per ora, non appare vicino, a migliorare, intanto, l’apparato della sanità (aggiungerei, pubblica) depredata da decenni.